mercoledì, dicembre 18, 2013

Lettera aperta ai consiglieri regionali della Sardegna

Onorevoli colleghi
è ormai un mese che dura la mia detenzione.
Un mese di accuse, un mese di fango, un mese di orrore.
Sì! Orrore. Perché è solo l’orrore che rimane della mia vicenda personale.
L’orrore di vedere la mia vita gettata nel fango. Ma quel che è peggio è l’orrore di vedere la mia famiglia gettata nella identica situazione.
Mia moglie, miei figli e perfino mio nipote di 3 anni la cui unica colpa è quella di portare il mio nome. Condannati da un processo mediatico e sommario che senza alcuna pietà ha distrutto ogni cosa, facendo di me il peggiore dei criminali “privo di scrupoli e di autocontrollo” e di loro i beneficiari di ogni presunta ruberia.
E’ il loro coraggio che mi spinge a lottare. Il coraggio della mia amatissima moglie, il
coraggio dei miei figli e di mie nuore che giorno dopo giorno anche con la zappa in mano svolgono il loro lavoro affrontando gli sguardi, i gesti e le parole di condanna di un’opinione pubblica drogata da bugie e menzogne scritte da una stampa che incurante delle conseguenze, altro non fa che insinuare dubbi e sospetti istigando all’odio e alla maldicenza.
Mi consola il fatto che in tanti hanno portato il loro conforto e la loro pietà; coscienti e convinti che nessun uomo meriti un simile trattamento.
Donne e uomini che nemmeno per un istante hanno creduto a ciò che sta accadendo perché conoscono le nostre abitudini e la nostra onestà.
Le mie preghiere vanno a tutti loro; affinché abbiano la forza di sostenerci nella più difficile delle sfide. L’innocenza.
Ma fra tutte le voci amiche una sola ha taciuto, e il suo silenzio è per me la più grande sconfitta.
Quella voce è la vostra onorevoli colleghi.
E’ la voce di chi giorno dopo giorno ha condiviso l’onore di sedere al Parlamento dei Sardi.
Per giorni ho sperato che la vostra voce si levasse per impedire o attenuare il linciaggio mediatico di cui sono ingiusta vittima. Non una voce, non un commento, non un segno di pietà per me o per la mia famiglia.
Uno solo di voi ha telefonato a mia moglie, e uno solo di voi ha portato la sua solidarietà ai miei figli. Grazie! Vi sarò eternamente grato.
Forse, vedete, il vero problema della politica è tutto qui. Il silenzio.
Un silenzio assordante che ha reso un’intera classe politica estranea alla società e che
l’ha fatta apparire all’opinione pubblica come un parassita. Un virus causa di tutti i mali della nostra terra.
Si è preferito cedere alle lusinghe del populismo per nascondere la propria incapacità.
Si è preferito cedere poteri assoluti all’unto del signore come se questi fosse la soluzione di ogni problema, ma quel che è peggio si è preferito chinare la testa dimenticando che libere e democratiche elezioni ci hanno permesso di sedere al Consiglio dei Sardi.
I cittadini ci hanno eletti con la loro scelta ed è a loro che dovevamo le risposte.
Tacendo si è deciso di lasciare ad altri il destino della Sardegna, e così si è ceduto ai demagoghi e ai populisti, ai ruffiani e ai fabbricatori di menzogne.
Siamo diventati il nemico degli elettori e non più la loro espressione.
Ahimè!
Si è lasciato ad altri il vero potere di decidere e di guidare gli umori e le coscienze dei
cittadini.
Ripenso spesso alla carriera politica che ho vissuto. Ai seicentoottanta voti che presi la prima volta che divenni consigliere comunale di Oristano.
A quando divenni presidente della Provincia.
Alla prima volta che sedetti nei banchi del Consiglio Regionale.
Fu tutto possibile perché ci fu chi credette in me e nelle idee e nei buoni propositi che
rappresentavo. Non immagino onore più grande che vedere riposta in se stessi la fiducia altrui. Sono certo di averli ricambiati.
Tante cose sono cambiate in tutti questi anni ma una cosa è rimasta uguale, la voglia di rappresentare gli elettori, di fare battaglie politiche anche impopolari convinto come sono sempre stato della forza delle idee.
Questa sarebbe dovuta essere la mia ultima legislatura. Del resto io sono stanco e gli anni non fanno dei sapienti, fanno solo dei vecchi. (le ultime notizie sul candidato presidente mi inducono a pensare che i sardi hanno ancora bisogno di me)!! forse.
Mi ero ripromesso di non passare gli ultimi cinque anni a scaldare la poltrona, ma mantenere viva quell’illusione che mi guidava quando ero un novello consigliere comunale.
Quella convinzione che il primato spetti sempre ad un’assemblea degli eletti, che solo
il confronto parlamentare, per quanto aspro possa essere, è alla base delle riforme e del progresso.
Una cosa evidentemente ho sbagliato, pensare che altri fra voi la pensassero allo stesso modo.

Sì onorevoli colleghi.
Avrei potuto stare zitto e barattare politicamente il mio silenzio. Ma non l’ho fatto. E oggi, in questa cella non mi pento di nulla.
Non mi pento di aver tolto la mia fiducia al presidente Cappellacci, non mi pento di aver contribuito a cancellare la doppia preferenza di genere. Non mi pento di aver chiesto il voto segreto. Non mi pento di essere andato spesso contro corrente.
Ho svolto il mio incarico con dignità e rispetto, lottando per ciò in cui credevo, dicendo sempre ciò che pensavo.
E invece, non una parola, non un commento, il solo silenzio degli ignavi e le parole di alcuni infami.
Ebbene sappiate che combatterò questa battaglia giudiziaria così come ho sempre combattuto in Aula. Non mi tirerò indietro, cosciente che sono qui per colpe che non ho commesso ma che soprattutto sono qui per ognuno di voi, e per ognuno di quelli che vi hanno preceduto.
Sono un uomo delle istituzioni e come tale mi comporterò. Lo devo alla mia famiglia, lo devo a tutti quelli che hanno creduto in me, ma soprattutto lo devo a me stesso.
Perciò accetto il vostro silenzio, e in silenzio accetto la gogna a cui vengo sistematicamente sottoposto. Accetto questa detenzione e le sue conseguenze,
cosciente che la verità trionferà.