Onorevoli
colleghi
è
ormai un mese che dura la mia detenzione.
Un
mese di accuse, un mese di fango, un mese di orrore.
Sì!
Orrore. Perché è solo l’orrore che rimane della mia vicenda
personale.
L’orrore
di vedere la mia vita gettata nel fango. Ma quel che è peggio è
l’orrore di vedere la mia famiglia gettata nella identica
situazione.
Mia
moglie, miei figli e perfino mio nipote di 3 anni la cui unica colpa
è quella di portare il mio nome. Condannati da un processo mediatico
e sommario che senza alcuna pietà ha distrutto ogni cosa, facendo di
me il peggiore dei criminali “privo di scrupoli e di autocontrollo”
e di loro i beneficiari di ogni presunta ruberia.
E’
il loro coraggio che mi spinge a lottare. Il coraggio della mia
amatissima moglie, il
coraggio
dei miei figli e di mie nuore che giorno dopo giorno anche con la
zappa in mano svolgono il loro lavoro affrontando gli sguardi, i
gesti e le parole di condanna di un’opinione pubblica drogata da
bugie e menzogne scritte da una stampa che incurante delle
conseguenze, altro non fa che insinuare dubbi e sospetti istigando
all’odio e alla maldicenza.
Mi
consola il fatto che in tanti hanno portato il loro conforto e la
loro pietà; coscienti e convinti che nessun uomo meriti un simile
trattamento.
Donne
e uomini che nemmeno per un istante hanno creduto a ciò che sta
accadendo perché conoscono le nostre abitudini e la nostra onestà.
Le
mie preghiere vanno a tutti loro; affinché abbiano la forza di
sostenerci nella più difficile delle sfide. L’innocenza.
Ma
fra tutte le voci amiche una sola ha taciuto, e il suo silenzio è
per me la più grande sconfitta.
Quella
voce è la vostra onorevoli colleghi.
E’
la voce di chi giorno dopo giorno ha condiviso l’onore di sedere al
Parlamento dei Sardi.
Per
giorni ho sperato che la vostra voce si levasse per impedire o
attenuare il linciaggio mediatico di cui sono ingiusta vittima. Non
una voce, non un commento, non un segno di pietà per me o per la mia
famiglia.
Uno
solo di voi ha telefonato a mia moglie, e uno solo di voi ha portato
la sua solidarietà ai miei figli. Grazie! Vi sarò eternamente
grato.
Forse,
vedete, il vero problema della politica è tutto qui. Il silenzio.
Un
silenzio assordante che ha reso un’intera classe politica estranea
alla società e che
l’ha
fatta apparire all’opinione pubblica come un parassita. Un virus
causa di tutti i mali della nostra terra.
Si
è preferito cedere alle lusinghe del populismo per nascondere la
propria incapacità.
Si
è preferito cedere poteri assoluti all’unto del signore come se
questi fosse la soluzione di ogni problema, ma quel che è peggio si
è preferito chinare la testa dimenticando che libere e democratiche
elezioni ci hanno permesso di sedere al Consiglio dei Sardi.
I
cittadini ci hanno eletti con la loro scelta ed è a loro che
dovevamo le risposte.
Tacendo
si è deciso di lasciare ad altri il destino della Sardegna, e così
si è ceduto ai demagoghi e ai populisti, ai ruffiani e ai
fabbricatori di menzogne.
Siamo
diventati il nemico degli elettori e non più la loro espressione.
Ahimè!
Si
è lasciato ad altri il vero potere di decidere e di guidare gli
umori e le coscienze dei
cittadini.
Ripenso
spesso alla carriera politica che ho vissuto. Ai seicentoottanta voti
che presi la prima volta che divenni consigliere comunale di
Oristano.
A
quando divenni presidente della Provincia.
Alla
prima volta che sedetti nei banchi del Consiglio Regionale.
Fu
tutto possibile perché ci fu chi credette in me e nelle idee e nei
buoni propositi che
rappresentavo.
Non immagino onore più grande che vedere riposta in se stessi la
fiducia altrui. Sono certo di averli ricambiati.
Tante
cose sono cambiate in tutti questi anni ma una cosa è rimasta
uguale, la voglia di rappresentare gli elettori, di fare battaglie
politiche anche impopolari convinto come sono sempre stato della
forza delle idee.
Questa
sarebbe dovuta essere la mia ultima legislatura. Del resto io sono
stanco e gli anni non fanno dei sapienti, fanno solo dei vecchi. (le
ultime notizie sul candidato presidente mi inducono a pensare che i
sardi hanno ancora bisogno di me)!! forse.
Mi
ero ripromesso di non passare gli ultimi cinque anni a scaldare la
poltrona, ma mantenere viva quell’illusione che mi guidava quando
ero un novello consigliere comunale.
Quella
convinzione che il primato spetti sempre ad un’assemblea degli
eletti, che solo
il
confronto parlamentare, per quanto aspro possa essere, è alla base
delle riforme e del progresso.
Una
cosa evidentemente ho sbagliato, pensare che altri fra voi la
pensassero allo stesso modo.
Sì
onorevoli colleghi.
Avrei
potuto stare zitto e barattare politicamente il mio silenzio. Ma non
l’ho fatto. E oggi, in questa cella non mi pento di nulla.
Non
mi pento di aver tolto la mia fiducia al presidente Cappellacci, non
mi pento di aver contribuito a cancellare la doppia preferenza di
genere. Non mi pento di aver chiesto il voto segreto. Non mi pento di
essere andato spesso contro corrente.
Ho
svolto il mio incarico con dignità e rispetto, lottando per ciò in
cui credevo, dicendo sempre ciò che pensavo.
E
invece, non una parola, non un commento, il solo silenzio degli
ignavi e le parole di alcuni infami.
Ebbene
sappiate che combatterò questa battaglia giudiziaria così come ho
sempre combattuto in Aula. Non mi tirerò indietro, cosciente che
sono qui per colpe che non ho commesso ma che soprattutto sono qui
per ognuno di voi, e per ognuno di quelli che vi hanno preceduto.
Sono
un uomo delle istituzioni e come tale mi comporterò. Lo devo alla
mia famiglia, lo devo a tutti quelli che hanno creduto in me, ma
soprattutto lo devo a me stesso.
Perciò
accetto il vostro silenzio, e in silenzio accetto la gogna a cui
vengo sistematicamente sottoposto. Accetto questa detenzione e le sue
conseguenze,
cosciente
che la verità trionferà.
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